Che buco mi ha scavato quella buca

26 Luglio 2022

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– Keep calm and read a book –

Il desiderio è il desiderio dell’Altro.
J. Lacan

Nota di Marilena Lucente:
Mi passi il secchiello, mi presti la paletta? È mio. Dammelo. Non lo voglio più. È mio.
Sulla sabbia, accanto al mare, si possono scrivere interi trattati sulla proprietà privata, sul possesso e sulle relazioni che passano attraverso gli oggetti.
Ci sono due bambine. Una è concentratissima sul suo gioco. Sta scavando una buca, tutto qui. Ma è tutta dentro i suoi gesti, la sabbia scorre tra le dita, i piedini sono bagnati. Sta bene.
L’altra sta facendo un bel castello. Le serve la paletta. Quella paletta. Quella della bimba della buca. “No”, dice la piccola scavatrice. Mi serve.
L’altra insiste. Arrivano le mamme.
“Dai la paletta”. È gentile, e buona. Come la sua bimba, in fondo.
Guarda la mamma dell’altra e le sorride, come a dire: “ci penso io”. Il cantiere del castello di sabbia dell’altra è lì, fermo. Prende la paletta della sua bimba e la porge all’altra.
Pochi centimetri. So già che questo momento farà una lunga strada dentro la bambina.
Questo altruismo artato, forzato; questa incapacità di vedere la bambina concentrata in un momento tutto suo e obbligarla invece a pensare all’altra, considerata più importante. Non conta ciò che vuoi tu, ciò che stai facendo tu, quale desiderio stai esplorando. Contano gli altri, conta imparare a essere obbedienti, contano i castelli della vicina e qualche cortigiana che ti dirà brava.
Che buco mi ha scavato quella buca che si è presto riempita di acqua e di sabbia.

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Concedetevi una vacanza intorno a un filo d’erba

4 Luglio 2022

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Concedetevi una vacanza
intorno a un filo d’erba,
dove non c’è il troppo di ogni cosa,
dove il poco ancora ti festeggia
con il pane e la luce,
con la muta lussuria di una rosa.

Franco Arminio, Cedi la strada agli alberi

(Da un post Facebook di Marilena Lucente)

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Quando la paura bussa, apri

24 Giugno 2022

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Quando la paura bussa, apri.
La paura è stata nella mia vita non solo un’emozione, un attacco, una presa, ma piuttosto uno sfondo. La paura considerata illegittima, perché apparentemente senza contesto. Alla paura non davo il permesso di soggiorno, al massimo di transito. Allora, con l’indispensabile intelligenza del clandestino, si è rifugiata nella notte.
Vengo da un’infanzia sgretolante e la paura nel corso degli anni, è rimasta l’unico, o quasi, indizio del passato, un’eco, un’atmosfera da cui guardavo il mondo; anziché guardarla negli occhi, guardavo dai suoi occhi. -la paura, di un adulto, è spesso avvolta dalla vergogna. Non solo la propria vergogna, ma anche quella degli altri, non vogliamo sapere che un adulto ha paura, che può avere paura, perché da qualche parte sappiamo che se un essere umano ha paura siamo tutti responsabili, non tutti personalmente, ma tutti insieme sì, perché siamo chiamati a rispondere della nostra connivenza e copertura non solo dei fatti che generano la paura, ma delle parole che li raccontano e che possono essere dette e condivise, perché collaboriamo col mettere a tacere la paura che viene inesorabilmente coperta da una fittissima rete di complicità sociali.

Chandra Livia Candiani, Il silenzio è cosa viva


Nota di Marilena Lucente:

non ho ancora acceso la televisione, non lo faccio quasi mai di mattina. Mi sono ricordata di questa meraviglia di libro, delle tante risposte che mi aveva dato leggendolo un anno fa.
Ho guardato la mia libreria e mi sono sentita al riparo, perché qui ho sempre provviste per l’inverno, per ogni inverno.
E parole che mi aiutano ad entrare nel giorno.
La paura è scomoda, scrive l’Autrice.
A me sta venendo una strana paura, in queste ore, mentre guardo questo nuovo modo di stare nel tempo.
“La paura è scomoda, ci chiama a essere vivi di fianco a un altro vivente, a non essere e parlare altrove, a non distrarci”.
Chissà, questo nostro artato isolamento a cosa ci porterà.
la foto è di Jib Pete
paura
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Anita

26 Aprile 2022

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«Un racconto appassionato, rigoroso, emozionante – scrive Nadia Verdile – che dalla penna felice di Marilena Lucente restituisce fasci di luce sulla vita di una donna che visse la fortuna e il peso di amare un uomo ingombrante. Fu donna Anita, prima di tutto. Lo fu con tutte le sue forze. Il libro le racconta bene, Lucente le accarezza».

«Anita è con me – scrive Brillante Massaro – Tra le pagine, a sorpresa, un paio di calzini rossi. Chi ha seguito il concertone del 2 Aprile sa perché. Grazie Marilena Lucente. Il tuo è un racconto che spaia, mette a nudo come sai fare tu con delicatezza. E ora tutti ci sentiamo un po’ cosí: spaiati».

«L’eroismo di Anita non è tanto nelle sue azioni, quanto nelle sue scelte. Anita è un viaggio nella conquista della libertà, con il desiderio continuo di essere sempre accanto all’amore della propria vita!
È stato bello conoscerla, scoprire da vicino tanta grinta, tanta forza e tanto amore.
Bellissimo il capitolo sulle donne a Roma “Mogli e madri stavano diventando cittadine, stavano facendo l’Italia. La Storia del nostro Paese sarà completa quando saranno scritte tutte le loro biografie.”
Donne che raccontano di altre donne eccezionali è un’idea di grande riscatto davanti ad una narrazione fatta di uomini su uomini».
Nadia Verdile

« …tutto parte dal sentirsi addosso uno sguardo… e quello posato da Garibaldi su Anita avrebbe cambiato la vita di entrambi per sempre… E’ bello leggerti Marilena Lucente … è bello ritrovarti.. Tra le righe della storia di questa donna – coraggiosa, forte, tenace – mi è parso in alcuni tratti di scorgere anche la tua forza ».
Daniela Volpicina

 

Marilena Lucente: Anita è specchio di tutte le donne che scelgono la passione e guardano occhi negli occhi la vita.
anita
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Ero una donna resa triste dall’acquiescenza

1 Marzo 2022

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“Ero una donna resa triste dall’acquiescenza”.
Nota di Marilena Lucente:
La voce fuori campo di Elena, la sua spietata sincerità. Prima che la vita di prima andasse a pezzi. O prima che la sua vita la portasse finalmente di fronte ad uno specchio in cui potersi guardare e persino sfiorare.
Finisce così, con la scena di Elena sola che sfiora il suo viso riflesso, quasi a toccare lo stupore che prende ogni volta che ci avviciniamo a noi.
Finita la terza serie e, per quanto mi riguarda, mi dispiace.
MI dispiace non avere quell’appuntamento domenicale, quello specchio rotto in cui rifletterci, con cui farci male, che ci porta nel passato e ci chiede cosa intendiamo fare del presente. E magari pure un po’ del futuro.
Come era inevitabile, il confronto tra questa e le regie precedenti ha occupato parte delle discussioni. Morbosa, lenta, non so quali altri aggettivi sono stati dati alla regia di Lucchetti.
A me è piaciuto vederlo, ma io non sono una buona critica, mi faccio trasportare dalle emozioni, vedo, penso, rivedo, piango, mi viene voglia di fermare il disastro, sento l’urgenza di negare tutta questa acquiescenza, tutta questa sopportazione, questa religione della sopportazione con cui sono, siamo, cresciute tutte le donne del sud, e che si poratno dietro anche quando vanno a Firenze o a Milano.
Di questa serie mi sono piaciuti i vestiti, le camicette, gli interni delle case, la musica dei jukebox, insomma la ricostruzione storica di questi aspetti, che poi erano la seconda pelle in cui gli italiani stavano crescendo.
C’è un passaggio nel nuovo libro di Elena Ferrante, i Margini e il dettato, in cui viene raccontata la scrittura, e ci illumina su quanto visto ieri sera.
“Voglio dire che il nostro io – l’io femminile che scrive – ha avuto davanti un percorso arduo, si sta ancora aprendo la sua strada, lo farà per chissà quanto ancora. Appena proviamo a buttar giù qualcosa, ecco che a tutti i problemi relativi all’insufficienza della scrittura che ho cercato di elencare, si somma che nemmeno una pagina, splendida o rozza, dice davvero la nostra verità di donne fino in fondo, anzi spesso non la dice affatto”.
La nostra verità di donne: la ricerca continua.
ferrante
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E’ davvero una scienza quella degli addii

6 Maggio 2021

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La scena finale.
A proposito, Arturo. T’ho cercato per dirtelo, ma tu non eri in camera. Parto domattina, col primo vapore! Domattina! Fino a quest’ultima parola, io m’ero rifiutato di comprendere
l’imminenza di questa realtà, che travolgeva il domani, e tutti gli altri miei giorni futuri, nella sua rovina tempestosa. Fissai mio padre con occhi sperduti, dopo di che egli m’avvisò ancora, aggrottando la fronte:
— È bene salutarci adesso, perché domattina io non ne avrò il tempo… —
La mia voce proruppe, soffocata dalla rivolta: — Parti… assieme a lui!
— Ciò non ti riguarda, — rispose mio padre.
— Non puoi farlo! no! non puoi farlo!
Mio padre mi dette un’occhiata di sbieco, sovrastandomi col suo splendore corrusco:
— Io, — mi rispose, — parto con chi mi pare. Con buona sopportazione de Usted.
Sentivo ch’egli adesso si pavesava della sua peggior superbia contro di me anche per brillare meglio agli occhi di Stella: forse anche per vendicarsi su di me, con la sua padronanza, dell’infima servitù in cui Stella lo teneva! Stella medesimo sembrava capire questa cosa: e lo guardava di sottecchi, ironico, senza nessun apprezzamento. Ma egli non s’avvedeva di quell’ironia, tanto era feroce, nel suo fuoco teatrale.
Elsa Morante, L’isola di Arturo
Nota di Marilena Lucente:
E’ davvero una scienza quella degli addii, che andrebbe studiata da piccoli e praticata con tutta l’attenzione possibile. Ci sono addii che spaccano il cuore.
Invece, con il suo “splendore corrusco”, il padre ha appena detto al figlio che il giorno dopo sarebbe partito.
“Appena là fuori lo stanzone – dice Arturo – mi aspettava una notte senza fondo”.
Il tempo della solitudine sta per spalancarsi. Ma prima dovrà vedere suo padre come non l’ha mai conosciuto, dovrà sentire da lui che sta per andare via con quello stesso uomo che si trova nella stessa stanza, dovrà ricordargli tutte le promesse – i loro viaggi insieme – ed essere tacciato – come risposta – di gelosia.
Stupore e collera abitano la stanza. Come quando ci si sente persi nell’universo e non si sa chi sta andando verso la catastrofe e chi verso la salvezza.
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Mezzogiorno di scienza: FRANCESCO GIORDANI

7 Febbraio 2021

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Chi è FRANCESCO GIORDANI?
Il 21 gennaio 2021 su wikiradio uno dei protagonisti di “Mezzogiorno di scienza” ha parlato di FRANCESCO GIORDANI.
Mezzogiorno di scienza è un libro dedicato ai ritratti d’autore di grandi scienziati del Sud,
curato da Pietro Greco.
Spesso dimentichiamo che molti illustri scienziati degli ultimi due secoli sono nati nel nostro Mezzogiorno, uomini e donne che hanno cambiato le sorti della ricerca in fisica, matematica, biologia, geologia, chimica.
Da Renato Dulbecco a Ettore Majorana, da Renato Caccioppoli a Maria Bakunin: la loro genialità è emblematica di un potenziale scientifico che oggi non è forse abbastanza sfruttato, eppure riveste un’importanza da riscoprire e valorizzare.
Conoscere le loro vite può dirci molto non solo sul passato, ma anche e soprattutto sul futuro della scienza del Belpaese, che non può prescindere dal Sud.
Nel testo si trovano storie descritte da divulgatori scientifici che a loro volta sono meridionali, ad esempio Gaetano Prisciantelli racconta FRANCESCO GIORDANI, Sandra Lucente narra Ennio De Giorgi ecc.

Ecco l’immagine di Francesco Giordani riportata nel libro(illustratore Francesco Dabbicco):

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Domenico Cirillo di Francesco Paolo de Ceglia
Oronzo Gabriele Costa di Rossella De Ceglie
Stanislao Cannizzaro di Pietro Greco
Maria Bakunin di Corinna Guerra
Mauro Picone di Carla Petrocelli
Domenico Marotta di Pierluigi Argoneto
Francesco Giordani di Gaetano Prisciantelli
Renato Caccioppoli di Barbara Brandolini e Guido Trombetti
Ettore Majorana di Roberto Bellotti
Filomena Nitti Bovet di Francesca Buoninconti
Renato Dulbecco di Nicoletta Guaragnella
Felice Ippolito di Romualdo Gianoli
Eduardo Caianiello di Massimo Temporelli
Ennio De Giorgi di Sandra Lucente
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L’isola di Arturo

2 Febbraio 2021

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La Legge quarta.
La Legge quarta, a me suggerita dall’atteggiamento di mio padre, fu, evidentemente, insieme forse a una mia inclinazione naturale, la causa originaria della mia solitudine procidana. Mi sembra di rivedere la mia piccola figura di allora che si aggira, al Porto, fra traffico e il movimento della gente (…).
Nessuno, fra tutti loro, evidentemente, s’interessava di libri, o di
grandi azioni! A volte, i ragazzini della scuola venivano schierati su uno spiazzo dal maestro per le esercitazioni premilitari. Ma il maestro era un grassone linfatico, i ragazzini non dimostravano né capacità né entusiasmo; e tutto lo spettacolo, dalle divise, ai gesti, alle maniere, appariva così poco marziale, a mio giudizio, che io ne
distoglievo subito lo sguardo con un senso di pena. Mi sarei fatto rosso per la vergogna, se mio padre, sopravvenendo in quel momento, mi avesse sorpreso a guardare certe scene e certi personaggi
Elsa Morante, L’isola di Arturo
 
Nota di Marilena Lucente: Anche se è stato pubblicato nel 1957, L’isola di Arturo è ambientato alla fine degli anni Trenta. nel cuore del fascismo, che possiamo qui individuare attraverso la figura del maestro, “il grassone linfatico” che porta i ragazzini sullo spiazzo per le esercitazioni militari.
“La solitudine procidana” di cui parla Arturo e la sua solitudine sembrano essere completamente diverse.
Ma sempre, per Elsa Morante, la solitudine è condizione necessaria alla crescita, è la sola possibilità di giungere alla meta, che per lei, vorrei dire per tutti, è quella della libertà.
“Come i protagonisti dei miti, delle favole e dei misteri, ogni poeta deve attraversare la prova della realtà e dell’angoscia, fino alla limpidezza della parola che lo libera, e libera anche il mondo dei suoi mostri irreali”.
Queste parole, che la Morante ha scritto per Saba, sono vere anche per Arturo. Dai mostri irreali alla chiarezza, anche questo è un mare da attraversare.
La foto del mare di Procida è di Ennio Ranucci
procida
elsa
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Non voglio insegnare, voglio accompagnare

17 Gennaio 2021

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Non voglio imparare a non aver paura, voglio imparare a tremare. Non voglio imparare a tacere, voglio assaporare il silenzio da cui ogni parola vera nasce. Non voglio imparare a non arrabbiarmi, voglio sentire il fuoco, circondarlo di trasparenza che illumini quello che gli altri mi stanno facendo e quello che posso fare io. Non voglio accettare, voglio accogliere e rispondere. Non voglio essere buona, voglio essere sveglia. Non voglio fare male, voglio dire: mi stai facendo male, smettila. Non voglio diventare migliore, voglio sorridere al mio peggio. Non voglio essere un’altra, voglio adottarmi tutta intera. Non voglio pacificare tutto, voglio esplorare la realtà anche quando fa male, voglio la verità di me. Non voglio insegnare, voglio accompagnare. Non è che voglio così, è che non posso fare altro.
Chandra Livia Candiani, Il silenzio è cosa viva
Nota di Marilena Lucente: Certi libri ti aspettano sempre, ti fanno sentire a casa, ti prendono le parole, una per una, e dalla pagina te le mettono nelle mani, sulle labbra, negli occhi.
Più in là, vogliono spingere la voce più in là.

non voglio imparare
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Ci vuole coraggio

14 Gennaio 2021

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Ci vuole coraggio (…)
Che è il rovescio di un altro termine assai temuto: la paura.
Per spiegare questo inscindibile legame di parole e sentimenti, devo aprire la pagina di un romanzo di Erri De Luca, “Il giorno prima della felicità”:
Anna: Hai paura?
Smilzo: Si.
Anna: Di me?
Smilzo: Sì e nessun coraggio sarà bello come questa paura.
 Erri De Luca

Il coraggio di vivere e il coraggio di morire. Sino ad una certa fase della vita si pensa che siano due strade diverse. Oggi so che la ragione, le ragioni per cui agiamo, per cui ci alziamo la mattina, i pensieri con cui andiamo a letto la sera, dovrebbero essere gli stessi per cui saremmo disposti a dare la vita, tutta intera. Il coraggio è ciò che ci consente di trovare il senso a ciò che facciamo e pensiamo. A tenerli insieme, questi due verbi, fare e pensare, che sono i pilastri su cui si regge ogni vita.
Marilena Lucente, E poi torna alla luce con i suoi canti

coraggio
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