La mia Nice – Avevo nove anni quando dissi il mio primo No

20 Novembre 2022

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– Pensieri e Parole –

Sei impura così. Sarai allontanata dalla comunità. È questo che vuoi? Quel taglio è la nostra storia, ti fa femmina. Tutte l’hanno fatto. Devi, o nessuno ti prenderà in moglie.
Avevo nove anni quando ho detto il mio primo NO. Avevo paura di dire no, non l’avevo mai detto, ma non avevo scelta.
Mi affidai a Enkai, gli chiesi aiuto Sei un dio gli dissi, ascoltami, ma quello fece finta di niente. Forse non avrei dovuto rivolgermi direttamente a lui, allora mi rivolsi all’Oloibon, il Masai intermediario.
Hai intenzione di violare le regole della tribù? Mi chiese.
Allora non ha diritto alle intercessioni del Dio.
La tribù è nelle tue ossa, nella tua pelle, scorre nelle tue vene, come puoi violarne la legge?
L’anno prima avevo assistito al taglio di mia sorella, le avevano legato braccia e gambe per non farla muovere e le avevano imposto di non gridare perché se l’avesse fatto avrebbe disonorato tutta la famiglia. Aveva gli occhi fissi nel vuoto mentre mia madre le teneva la testa.  Lei non gridò, ma io piansi, in silenzio, mentre tanti rivoli rossi si facevano spazio nella polvere della savana.
Non volevo che lo facessero anche a me. Non volevo essere Amaki morta per un’infezione, o Deka che non poteva più a camminare, né Alima che soffriva terribilmente ogni volta che doveva urinare, né Ratiba che per l’infezione non poteva avere figli, e neanche come Sela che urlava dal dolore come un coyote impazzito ogni volta che aveva rapporti sessuali.
L’istinto mi ha guidata, io volevo vivere. La sentivo salire dai piedi la ribellione, da quei piedi che volevano fuggire via, saliva e attraversava ogni singola fibra del mio corpo. Tutto era in me puro istinto di sopravvivenza.
Avevo nove anni quando dissi il mio primo No. E non me ne pento, anzi.
Non mi sono arresa mai. Andai dal nonno, lo pregai di aiutarmi.

Non voglio farlo nonno, aiutami, non voglio morire, non voglio stare male, ho paura. Tu sei il nostro capostipite fai sentire la tua voce, non tacere. Voglio continuare a studiare non sono pronta per un matrimonio con qualche vecchio della tribù perché nessun giovane ha i soldi per la dote.

Il nonno mi prese le mani, io ero seduta ai suoi piedi, mi guardò negli occhi e quelle due piccole fessure che facevano fatica ad emergere tra le rughe, sorrisero, mentre le palpebre cadenti calavano il sipario sul mondo. Mi accarezzò la testa, non parlò. Le sue mani avevano detto tutto quello che c’era da dire. Accolsi quella benedizione come si accoglie un sorso d’acqua dopo aver attraversato la savana. Fui grata a quelle mani sagge e sapienti. Ritornai al villaggio sicura che ora che il nonno era dalla mia parte le cose avrebbero preso una piega diversa, ma così non fu. Mi insultarono e mi picchiarono, anche coloro che amavo mi rifiutarono, mi sentii straniera.
Forse a nove anni non ero abbastanza forte o abbastanza matura per capire. Incominciai a dubitare: e se avevano ragione loro? Chi ero io per cambiare le cose? Mi sentii arrogante e presuntuosa. Stavo pensando solo a me, e alla mia famiglia non ci pensavo? Con il mio rifiuto avrei gettato la vergogna su tutta la mia famiglia, anche su Tamu, la mia sorellina di 5 anni. Poi invece un altro pensiero si affacciò: dovevo farlo proprio per lei perché non dovesse subire quell’orribile mutilazione.
Scappai di casa alle quattro del mattino, corsi, corsi tanto col cuore in gola per quello che stavo facendo e per il buio nel quale stavo per addentrarmi.
La mutilazione non è un destino. Quello te lo scrivi tu come vuoi.
Parlai con i vecchi della tribù con i guerrieri Moran: volete spose sane? Volete dei figli forti e belli? Allora dobbiamo abbandonare questa pratica.
Niente fa parte di una cultura per sempre e tutto può far parte di una nuova cultura.
Ho parlato con centinaia di bambine nei villaggi e nelle scuole: un rito non dev’essere una condanna, insieme possiamo costruire un futuro diverso.
Oggi sono ambasciatrice in Africa e continuo la mia battaglia perché non una sola bambina debba subire la mutilazione.

Brillante Massaro, La mia Nice (NICE NAILANTEI LENG’ETE)
 
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A noi il compito di creare l’armonia del mondo

19 Settembre 2022

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– Pensieri e Parole –

Vedere un mondo in un grano di sabbia
e un universo in un fiore di campo,
possedere l’infinito sul palmo della mano
e l’eternità in un’ora.
W. Blake

Nota di Marilena Lucente:
L’infinito nel palmo della mano, questo ci dice il romantico William Blake.
Siamo parte del tutto, a noi il compito di creare l’armonia del mondo, perché c’è grandezza in ogni cosa, c’è tanto tempo in ogni momento.
C’è l’infinito, che chiede di essere guardato.
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Elevate le parole, non il tono della voce.

16 Giugno 2021

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– Pensieri e Parole –

Elevate le parole, non il tono della voce.
È la pioggia che fa crescere i fiori, non il tuono.
Rumi
Foto di Piero Rossano
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Insegnami l’arte dei piccoli passi

14 Novembre 2020

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– Pensieri e Parole –

Non ti chiedo né miracoli né visioni
ma solo la forza necessaria per questo giorno!
Rendimi attento e inventivo per scegliere
al momento giusto
le conoscenze ed esperienze
che mi toccano particolarmente.

Rendi più consapevoli le mie scelte
nell’uso del mio tempo.
Donami di capire ciò che è essenziale
e ciò che è soltanto secondario.
Io ti chiedo la forza, l’autocontrollo e la misura:
che non mi lasci, semplicemente,
portare dalla vita
ma organizzi con sapienza
lo svolgimento della giornata.

Aiutami a far fronte,
il meglio possibile,
all’immediato
e a riconoscere l’ora presente
come la più importante.
Dammi di riconoscere
con lucidità
che le difficoltà e i fallimenti
che accompagnano la vita
sono occasione di crescita e maturazione.

Fa’ di me un uomo capace di raggiungere
coloro che hanno perso la speranza.
E dammi non quello che io desidero
ma solo ciò di cui ho davvero bisogno.

Signore, insegnami l’arte dei piccoli passi.

Preghiera di Antoine de Saint-Exupéry
(autore del “Piccolo Principe“)

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E’ ancora presto per chiamarla Dad, didattica a distanza.

24 Aprile 2020

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– Pensieri e Parole –

“Un insegnante deve sempre andare a scuola con un libro e metterlo sulla cattedra”. In un testo di pedagogia degli anni Settanta di educazione linguistica veniva dato questo semplice ed efficace consiglio. Se vuoi che i tuoi alunni leggano, porta a scuola un libro, muovi la loro curiosità, mostralo, ma senza esibirlo, parlane ma senza spiegarlo. Apri mondi piuttosto che pagine.

In questo e in altri passaggi veniva sottolineato il valore dell’esempio – se tu non leggi come puoi pretendere che i tuoi alunni facciano ciò che tu non fai? – e la predilezione per un insegnamento informale. Niente schede, analisi e commenti. Il libro si legge come si fa un viaggio: privilegiando l’esperienza. In questo caso, individuale e collettiva.

Ho trovato sempre convincente questa posizione come tante altre degli illuminati e illuminanti maestri dell’Italia di cinquanta anni fa, che stavano letteralmente inventando la scuola (come dovremmo fare noi oggi). Sono sempre andata a scuola con un libro, l’ho messo sulla cattedra eccetera eccetera. Ogni volta che ho potuto ho parlato di libri con i miei studenti. Cioè sempre, anche perché insegno letteratura.

Qualche anno fa per radio ho ascoltato una intervista di uno scrittore italiano, anche lui insegnante. La critica lo considera uno dei più bravi scrittori europei e anche io ho tutti i suoi libri, nutro una profonda ammirazione per ciò che scrive e soprattutto per la sua magmatica scrittura. Questo per dire in anticipo con quanta attenzione accolgo sempre le sue parole. Lui ad un certo punto dice: “i miei alunni devono penare prima di avere un consiglio da me, un consiglio di un libro. A volte può passare un anno, prima di dare un titolo. Devono desiderarlo”.

Ovviamente tutte le mie convinzioni decennali crollano in pochi minuti. Non smetto di pensarci. Se la lettura è desiderio io devo alimentare questo desiderio. Procedevo per logica, andando avanti a tentoni. Di libri è pieno il web, le librerie, le case, gli scantinati, persino il centro di raccolta dei rifiuti ha un angolo dedicato ai libri salvati dalla spazzatura. I libri li puoi trovare dappertutto. Il desiderio solo dentro di te.

E allora? Tutto il nostro impegno per una scuola che dà a tutti e vuole cancellare le differenze? Tutta la nostra necessaria, ineludibile per me, gratuità pedagogica, la forza politica sottesa a certi gesti, che non sono affatto buone azioni fatte a caso, ma hanno una precisa direzione, una visione dell’educazione?

Mentre il dilemma lavora dentro di me si aprono domande su domande, la scuola si chiude.  Con tutto quello che significa. La giornata del libro di ieri l’abbiamo trascorsa dietro lo schermo, non avevo una cattedra, ma i manuali posati sul tavolo della cucina, il libro è diventato pdf passato in piattaforma, ci siamo fatti bastare una manciata di titoli suggeriti in chat. Abbiamo letto. Abbiamo trascorso una giornata senza libri. Ma non senza lettura.

E’ ancora presto, almeno per me, per chiamarla Dad, didattica a distanza. Ad oggi stiamo imparando, rispondendo ad una emergenza. In questo spazio, in questa corda tesa tra la quarantena Covid e la Didattica a Distanza noi insegnanti camminiamo su un filo. Ci siamo privati di tante cose care, tra queste, per me, anche dei libri. Ci avviamo verso l’essenziale. Tra queste, per me, per la scuola, la lettura, la condivisione della lettura. Quello che resterà non è dato né saperlo né prevederlo.

Caserta 24 aprile 2020
Marilena Lucente

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Bisogna stare attenti alle parole

21 Aprile 2020

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– Pensieri e Parole –

E poi c’è una cosa che ripeto sempre, e in questa circostanza (coronavirus) vale di più: bisogna stare attenti alle parole, e soprattutto delle parolacce.
Il linguaggio è un modo per esprimere noi chi siamo.
Con la differenza che un brutto vestito resta addosso a chi lo indossa, il linguaggio violento, scurrile, offensivo investe chi ascolta, chi legge, chi per caso si imbatte in un post, in un messaggio inoltrato a tutti i contatti, in una trasmissione televisiva.
G
li occhi si possono chiudere, le orecchie no.
Purtroppo o per fortuna.
A
nche la cura del linguaggio individuale serve a tutelare la salute collettiva, quella per la quale ci stiamo tanto impegnando (quasi) tutti.

Marilena Lucente

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I discorsi belli

6 Aprile 2020

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– Pensieri e Parole –

L’anima, o caro, si cura
con certi incantesimi
e questi incantesimi
sono i discorsi belli

Platone, Carmide

Nota di Marilena Luvente: i discorsi belli, li chiama platone. non le ipocrisie o le edulcorazioni, non le ingenuità o le parole dette per dire.
I discorsi belli. Le parole importanti.
Ne abbiamo bisogno sempre. Ancor più in questi giorni. Parole e gesti che siano significativi, pieni di fiducia.
Di parole ne arrivano sempre tante. Alcune davvero molto belle, altre buttate lì, a casaccio, nel disordine delle ore che non hanno inizio e fine.
Il cellulare che sembra diventare un cestino della spazzatura.
Dall’ultimo scoop sul covid alle palme intrecciate, i cuoricini al mattino, la foto dei ladri che girano armati e entrano in casa con la scusa di consegnare le mascherine a mezzogiorno. Moltiplicazione di chat e messaggi a tutte le ore.
ohhh…
ma così si fa?
Alle dieci, alle undici, messaggi vocali, compiti assegnati, ricette, risposte stupide a domande intelligenti, domande sceme e risposte di dubbia utilità, questo messaggio è stato eliminato, non riesco a entrare, non mi fa entrare – chi? cosa? – ciao amore, prof vi sono arrivati i compiti, questo messaggio è stato eliminato, scusate ho sbagliato chat.
Così a me sembra di aver sbagliato mondo.
Io credo che nella costrizione in cui ci troviamo abbiamo qualcosa da imparare e reimparare. tra queste, un po’ di gentilezza e di rispetto per il tempo e lo spazio altrui.
Il cellulare è spazio e tempo. non vorrei che l’astenia di contatti che nasce dalla distanza sociale provocasse poi un eccesso di vicinanza virtuale vuota e priva di senso.
Le nostre anime, tutte, hanno bisogno d’altro. sin dai tempi di Platone.

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La maternità raccontata da Mauro Silvestre

10 Marzo 2019

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– Pensieri e Parole –

Da dove sono venuto? Dove mi hai trovato?
Domandò il bambino a sua madre.
Ed ella pianse e rise allo stesso tempo
e stringendolo al petto gli rispose:
tu eri nascosto nel mio cuore bambino mio,
tu eri il Suo desiderio.

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Mauro Silvestre ex studente di informatica del Giordani Caserta.

Nota di Ennio Ranucci: Mauro racconta una maternità sensuale e di coppia, non solo della donna. Una maternità da “mostrare e vivere”. Coniuga sapientemente arte e  tecnologia.
Mi piace indicarlo come ” Un artista con cellule informatiche”
L’informatica è pervasiva, è ovunque, anche nell’arte può dare tanto!
Il laboratorio “GiordaniArte&Teconologia” del Giordani Caserta vuole scoprire con i ragazzi questi nuovi percorsi.
Un curricolo che insegni  ad amare la bellezza, a cogliere lo stupore.

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Ama senza possedere, accompagna senza invadere e vivi senza dipendere

9 Marzo 2019

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– Pensieri e Parole –

Una delle più grandi dimostrazioni d’amore è lasciare che la persona amata sia se stessa.
La possessività è una forma di attaccamento che non riflette amore, ma solo un desiderio e una necessità di controllo.
Quando il nostro “io” è maturo, quando abbiamo fiducia nelle nostre capacità e siamo coscienti delle nostre emozioni, la possessività sparisce: non ne abbiamo più bisogno.
Non facciamo del bene quando imponiamo le nostre opinioni e il nostro modo di fare. Non cadere nell’errore di cercare di imporle: nessuno è obbligato a soddisfare le nostre aspettative.

Anima Naturale

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Primo giorno di scuola

11 Settembre 2018

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– Pensieri e Parole –

Voi fate sogni ambiziosi, successo fama; ma queste cose costano ed è esattamente qui che si comincia a pagare: col sudore!

Lydia Grant, Saranno famosi

Nota di Marilena Lucente:

Saranno famosi, quello vero, quello che dava inizio ai nostri pomeriggi adolescenti, quello che ci aveva fatto sognare per tutta l’estate – ridere e persino innamorare – quello che ogni giorno ci ricordava “ma queste cose costano ed è esattamente qui”…
poi la serie finiva e incominciava la nostra, di scuola.
“Ed è esattamente qui” diventava, con la voce dei nostri professori: “pensate al domani”, “pensate al futuro”, “studiate”, “un domani, un domani…”.
In quegli anni, nelle nostre scuole, di balletti nemmeno l’ombra. Solo: studiate per il vostro bene.
Il bene era considerato più importante dei sogni.
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omani in Campania incomincia la scuola.
Voi fate sogni ambiziosi
anche solo: voi fate sogni
sarebbe bello poterlo dire, poterlo pensare, accettare il rischio di vincere il disincanto continuo, farla finita con lo scetticismo continuo e reciproco.Voi fate sogni, che è come dire voi avete delle passioni, e queste passioni vi fanno muovere, alzare la testa da quello schermo che vi porta al guinzaglio – lui a voi, non il contrario – fanno di voi un universo da scoprire, miliardi di volte più bello di quello che nemmeno riuscite a immaginare, se solo ci provate.
Ma queste cose costano.
Grazie professoressa Lydia Grant, per avermelo ricordato questa mattina e per tutti gli anni Ottanta… ma questa è un’altra storia.

saranno famosi

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