E’ ancora presto per chiamarla Dad, didattica a distanza.

24 Aprile 2020

Pensieri e parole

– Pensieri e Parole –

“Un insegnante deve sempre andare a scuola con un libro e metterlo sulla cattedra”. In un testo di pedagogia degli anni Settanta di educazione linguistica veniva dato questo semplice ed efficace consiglio. Se vuoi che i tuoi alunni leggano, porta a scuola un libro, muovi la loro curiosità, mostralo, ma senza esibirlo, parlane ma senza spiegarlo. Apri mondi piuttosto che pagine.

In questo e in altri passaggi veniva sottolineato il valore dell’esempio – se tu non leggi come puoi pretendere che i tuoi alunni facciano ciò che tu non fai? – e la predilezione per un insegnamento informale. Niente schede, analisi e commenti. Il libro si legge come si fa un viaggio: privilegiando l’esperienza. In questo caso, individuale e collettiva.

Ho trovato sempre convincente questa posizione come tante altre degli illuminati e illuminanti maestri dell’Italia di cinquanta anni fa, che stavano letteralmente inventando la scuola (come dovremmo fare noi oggi). Sono sempre andata a scuola con un libro, l’ho messo sulla cattedra eccetera eccetera. Ogni volta che ho potuto ho parlato di libri con i miei studenti. Cioè sempre, anche perché insegno letteratura.

Qualche anno fa per radio ho ascoltato una intervista di uno scrittore italiano, anche lui insegnante. La critica lo considera uno dei più bravi scrittori europei e anche io ho tutti i suoi libri, nutro una profonda ammirazione per ciò che scrive e soprattutto per la sua magmatica scrittura. Questo per dire in anticipo con quanta attenzione accolgo sempre le sue parole. Lui ad un certo punto dice: “i miei alunni devono penare prima di avere un consiglio da me, un consiglio di un libro. A volte può passare un anno, prima di dare un titolo. Devono desiderarlo”.

Ovviamente tutte le mie convinzioni decennali crollano in pochi minuti. Non smetto di pensarci. Se la lettura è desiderio io devo alimentare questo desiderio. Procedevo per logica, andando avanti a tentoni. Di libri è pieno il web, le librerie, le case, gli scantinati, persino il centro di raccolta dei rifiuti ha un angolo dedicato ai libri salvati dalla spazzatura. I libri li puoi trovare dappertutto. Il desiderio solo dentro di te.

E allora? Tutto il nostro impegno per una scuola che dà a tutti e vuole cancellare le differenze? Tutta la nostra necessaria, ineludibile per me, gratuità pedagogica, la forza politica sottesa a certi gesti, che non sono affatto buone azioni fatte a caso, ma hanno una precisa direzione, una visione dell’educazione?

Mentre il dilemma lavora dentro di me si aprono domande su domande, la scuola si chiude.  Con tutto quello che significa. La giornata del libro di ieri l’abbiamo trascorsa dietro lo schermo, non avevo una cattedra, ma i manuali posati sul tavolo della cucina, il libro è diventato pdf passato in piattaforma, ci siamo fatti bastare una manciata di titoli suggeriti in chat. Abbiamo letto. Abbiamo trascorso una giornata senza libri. Ma non senza lettura.

E’ ancora presto, almeno per me, per chiamarla Dad, didattica a distanza. Ad oggi stiamo imparando, rispondendo ad una emergenza. In questo spazio, in questa corda tesa tra la quarantena Covid e la Didattica a Distanza noi insegnanti camminiamo su un filo. Ci siamo privati di tante cose care, tra queste, per me, anche dei libri. Ci avviamo verso l’essenziale. Tra queste, per me, per la scuola, la lettura, la condivisione della lettura. Quello che resterà non è dato né saperlo né prevederlo.

Caserta 24 aprile 2020
Marilena Lucente

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