Le beatitudini della malattia

– Keep calm and read a book –

Va a rilento il mezzogiorno, privo di colonna sonora,
appena udibile è il nostro pranzo.
Siamo entrambe in ascolto del nostro silenzio,
che da lì, solamente dal tuo dove lontano mi stai accanto.
Di fronte io, che non guardo.
Accolgo così il tuo stare seduta che non trova espressione,
è la tua unica offerta per me. E lo confesso
senza parole mi sembra di urlare,
che qui in questo luogo
ho solo il corpo a credere alla vita,
poiché il resto non è che un’erba ruvida da falciare.

E mentre che il nostro è muto desinare Uma,
fuori c’è il mondo,
fuori sono le genti, la terra e il cielo. E anche la morte,
cavalca veloce di guerra in guerra.
Fuori è colui che abbandona le carni
a uno scoppio per risorgere forse
e fuori sono le pene di morte e le morti diverse,
così diverse che attraversano mari e continenti
per risolvere l’unica vita.

Ma qui, amabile luogo, qui niente accade,
tranne che ininterrotta un’umile esistenza.
Eppure, a me sembra di sentire lo spirito colmarsi.

R. Dapunt, Il pranzo

malattiaNota di Marilena Lucente: Alzahimer. Di questo racconta questa poesia. Di due donne, una madre e una figlia, in una stanza, mentre il mondo, come sempre fa, urla, strepita, in ogni angolo si sente al centro del mondo.
E poi ci sono case così, di pranzi in silenzio, di distanze che nascono dal non capirsi, dal non riconoscersi più. Case di mistero, il mistero della mente quando non è più presente a se stessa, o riappare all’improvviso. Il mistero della malattia.
Case, stanze, tavole apparecchiate, letti accanto alle finestre, in cui abita la demenza, la più incomprensibile di tutte, l’Alzahimer, con occhi e parole che provengono da non si sa dove.
“Non guardarmi mentre mangi, non alzare lo sguardo, potresti incontrare il mio giudizio e approvarlo”.
E’ la dedica della poetessa alla donna che sta assistendo, Uma, che in ladino vuol dire “madre”. Qui, in questo libro – Le beatitudini della malattia – diventa il nome di tutte le donne che conoscono questa esperienza.