Terremoto del 24 agosto 2016

25 Agosto 2016

Pensieri e parole

– Pensieri e Parole –

 Non devo avere paura. La paura uccide la mente. La paura è la piccola morte che porta con sé l’annullamento totale. Guarderò in faccia la mia paura. Permetterò che mi calpesti e mi attraversi. E quando sarà passata, aprirò il mio occhio interiore e ne scruterò il percorso.

Dune, il film


Si abita un suolo chiamato per errore terraferma
Si abita una terra precaria, ogni generazione cresce ascoltando storie di terremoti.  E’ questa una delle riflessioni dello scrittore Erri De Luca in seguito al terremoto di stanotte che ha sconvolto alcuni centri del Lazio e delle Marche, definito dall’autore stesso “un naufragio in terra”. Ecco l’intervento dello scrittore napoletano. Parole che fanno riflettere. Il terremoto è un naufragio in terra. Le case diventano imbarcazioni scosse tra le onde e sbattute sugli scogli. Si perde tutto, si conserva la vita, lacera, attonita che conta gli scomparsi sul fondo delle macerie. Si abita un suolo chiamato per errore terraferma. È terra scossa da singhiozzi abissali. Questi di stanotte sono partiti da oltre quattromila metri di profondità. Qualche giorno fa stavo agli antipodi, oltre quattromila metri sopra il mare. Quel monte delle Alpi non è un meteorite piovuto dal cielo, ma il risultato di spinte e sollevamenti scatenati dal fondo del Mediterraneo. Forze gigantesche hanno modellato il nostro suolo con sconvolgimenti.
Si abita una terra precaria, ogni generazione cresce ascoltando storie di terremoti. Così, con le narrazioni, i vivi smaltiscono le perdite. Le macerie si spostano, si abita di nuovo lentamente, ma al loro posto restano le voci, le parole degli scaraventati all’aperto, a tetti scoperchiati. Ricordano, ammoniscono a non insuperbirsi di nessun possesso. Arriva cieco di notte il terremoto e sconvolge i piccoli paesi. Ma i mezzi di soccorso sono di stanza nei grandi centri. Fosse un’invasione, quale generale accentrerebbe le sue forze lontano dai confini? Per il protettor civile questo ragionamento non vale. Ogni volta deve spostare le sue truppe con lento riflesso di reazione. Ai naufraghi nelle prime ore serve il conforto al cuore di un qualunque segnale di pubblica prontezza. Invece arriva prima un parente, un volontario, un giornalista. Il terremoto è anche un’invasione, contro la quale avere riserve piccole e pronte sparpagliate ovunque.
“Si sta come/ d’autunno/ sugli alberi/ le foglie”. La frase di guerra di cent’anni fa del soldato Ungaretti Giuseppe racconta il sentimento di stare attaccati all’ albero della vita con un solo piccolo punto di congiunzione”.

Erri De Luca


 

Terremoto, facciamola durare la corsa alla solidarietà

Ci sono cadute addosso, come le pietre del terremoto, come i calcinacci, come gli oggetti ora tutti sbreccati che fanno alla fine la nostra vita. Che poi è la sola che abbiamo. Ci sono cadute addosso le storie di dolore, di lavoro, di amore, le fotografie degli altri e una miriade di privatissimi dettagli intorno ai quali abbiamo immaginato intere esistenze. Una copertina azzurra, una coppia di asciugamani, un muro a metà.

Il terremoto delle pietre è diventato il terremoto del nostro sentimento più antico, la paura. Si sono aperte faglie di ricordi, primo fra tutti il terremoto dell’Ottanta, il “Fate presto” e il rumore delle pale degli elicotteri che attraversavano il cielo dei piccoli paesi venuti giù allo stesso modo. E poi gli altri, più vicini a noi, quello di Piedimonte Matese; l’altro, senza danni ma ugualmente brutto, qui a Caserta, qualche anno fa. Ogni terremoto mette in fila gli altri. Dove eravamo, cosa stavamo facendo: ricordiamo tutto. Paura chiama paura. Vediamo case che sono le nostre case. Temiamo per le scuole, gli ospedali, i luoghi che amiamo.

All’imprevedibilità della Natura rispondiamo rivendicando il diritto alla sicurezza e reagiamo nell’immediato con esperienze di solidarietà. In pochissime ore, in Terra di Lavoro come in tutta Italia, sono stati allestiti centri di raccolta, disponibilità di posti letto, di fondi. Istituzioni e associazioni, parrocchie e privati nessuno si è tirato indietro. Consapevoli della necessità dell’impegno, della forza aggregante della generosità. Una forza emotiva che si è tradotta in gesti concreti, contagiosi, creativi: dalle pizze alla amatriciana il cui ricavato andrà devoluto ai paesi terremotati ai centri di raccolta del sangue davanti ai supermercati, alla gente che fa la spesa con la lista della Protezione civile e porta i pacchi ai punti raccolta alle società sportive che devolvono i loro incassi. C’è persino il rovescio della situazione: la Protezione civile non sa più dove mettere il cibo (ma altra roba serve ancora).

Bisogna solo farla durare, questa solidarietà, alimentarla nei giorni e nei mesi a venire, saranno i più duri. Quando le vite ricominceranno dentro e accanto a quelle macerie che nessuno guarderà più con l’attenzione di oggi, quando il frullio dei calcinacci si sentirà distintamente nel silenzio e della solitudine. Allora servirà un’altra solidarietà, ancora più forte, taciturna e resistente. La solidarietà per il dopo terremoto. Più solida, appunto. Per vite rese fragili forse per sempre.

 Marilena Lucente – Il Casertano.it del 27 agosto 2016

Ospedale di Rieti. Tenersi stretti. Dare il proprio sangue. La vita si impara solo dalla vita.

Nota di Marilena Lucente: Terremoto del 24 agosto 2016.  Tra le cento storie, penso a chi in queste ore sta cercando gli animali con cui condividevano le case che ora non ci sono più. Una gattina, un cane. Anche per loro è stato terremoto. Terra che trema, polvere negli occhi, zampe spezzate, cuccioli in cerca di una voce, quelle voci che fino alla sera prima avrebbero riconosciuto tra mille. Anche per loro, gabbie di uccelli accartocciate, acquari frantumati, è stata devastazione. La fragilità degli animali ci ricorda il nostro dovere di essere umani.