Restare, il verbo che preferisco

– Keep calm and read a book –

 Lorenzo Marone, Magari domani resto

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Restare, il verbo che preferisco. Mi fa sentire al sicuro. Mi ci riconosco. Io sono una che resta, questo lo so da un bel po’. Ho pensato che questo libro mi desse ragione. In cosa poi? Quelli che restano sono migliori di quelli che vanno? Dipende da cosa si intende. Per me, arrivare, esserci, è abbastanza (solo abbastanza) facile. Restare è difficilissimo. Ti amo e resto, anche quando le cose si mettono male. Sono tua amica e resto, anche se il momento è difficile. Sono tua madre, sono tua figlia, e resto anche se tutto è cambiato e posso solo dare, senza ricevere. Ah sì! Messa così, un applauso a chi resta. Poi succede che leggi un libro e qualcosa cambia, perché un certo Pasquale Di Notte dalle righe scritte di una pagina dice: “Non partite solo per fuggire, e non restate solo perché non avete il coraggio di prendere nuove strade”. Dunque è così allora. Resto solo perché sono codarda? Perché è più comodo? Perché sono allergica ai grandi cambiamenti? Ci penso e ci ripenso: sì, in parte è così. Ma in parte è proprio che restare mi fa sentire meglio, dentro.

In fondo i romanzi avvincenti procedono sussurrando, in punta di piedi, senza imporsi e imporre nulla, offrendo tutto, bene e male, paura e coraggio, gioia e dolore, silenzio e chiasso, rispetto e prevaricazione, umiltà e presunzione lasciando al lettore la libertà di scelta.

Niente da fare, per tutto il periodo che sono stata con il bastardo e avevo i capelli lunghi e cotonati, la borsa a tracolla, lo sguardo dolce e il sorriso pronto, nessuno mi ha degnata di uno sguardo, quando ho deciso di smetterla di essere gentile con la vita, ché tanto lei gentile con me non lo è mai stata, allora sono iniziati a spuntare spasimanti e corteggiatori di ogni tipo.
È che forse gli altri se ne accorgono quando riesci a mettere un po’ di forza negli occhi e allora si avvicinano per capire se ce n’è un pizzico anche per loro.

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